Nel quartiere di Barra, ricco di prosperosa memoria storica, vi è situato uno degli edifici più importanti del periodo tra il cinquecento e l’ottocento napoletano, fatto edificare nel 1500 dalla famiglia Carafa di Maddaloni, poi ristrutturato ed ampliato da Gaspare Roomer, banchiere fiammingo e nuovo proprietario, nel 1630.
Villa Roomer ospitò anche una sua personale mostra di opere d’arte, nel 1633, commissiondo al pittore Rubens, varie opere, tra cui “il banchetto di Erode“, oltre 1000 i quadri di valore, che facevano di questa collezione la più importante della città, racconta un opera di Giulio Cesare Capaccio (1550, Campagna – 1634, Napoli) del 1630 circa, “Il Forastiero“, una sorta di guida dei maggiori tesori artistici della città, nel 1647 furono commissionate delle opere al pittore Aniello Falcone, oggi in una delle stanze del palazzo, che un tempo ospitava la libreria del Fiammingo, sono ancora presenti degli affreschi, in totale alla sua morte, del 1674, furono stimate 1100 opere, oggi sparse nei migliori musei del mondo.
Nel 1675, la nobile villa, fu acquistata da Pietrantonio Sanseverino, Principe di Bisignano(CZ), divenendo una residenza estiva della famiglia, Luigi III, erede della struttura fece un ulteriore intervento di ristrutturazione ed ampliamento nel 1876, una lapide, presente, all’interno del palazzo ne è la testimonianza, alle spalle della stessa, vi era un prestigioso orto botanico, il primo, che ospitava specie vegetali da ogni parte del mondo, anche piante tropicali, curate con un sistema altamente innovativo per l’epoca, in delle serre, inoltre furono aggiunti da Pietro Antonio Sanseverino, Fontane, tempietti, colonnati e perfino un frutteto.
Vincenzo Petagna, alla prima esperienza come direttore dell’orto, volle omagiare i nobili con una nuova specie di pianta, a cui diede il nome di “Sanseverinia”, mutato poi da Thumberg in “Sanseviera”, oggi vanta di oltre 60 specie, presenti in tutto il mondo, ornamentali, ma soprattutto molto importanti per la loro capacità di ripulire l’aria, denominate anche “lingua di suocera”, oltre ad essa vi fu creata un altra pianta, da Tommaso Sanseverino, secondo genito e tredicesimo principe di Bisignano, esperto di botanica, la pianta prese il nome di “Garofano di Bisignano”, aveva un colore rosso, con stelo e foglie esili.
A partire dagli anni 50, inizia la decadenza dell’orto, con i nuovi lavori per le case popolari, voluto dal nuovo ed attuale proprietario Comune di Napoli, con tantissime specie spostate nel nuovo Orto Botanico di Via Foria, ed il totale e triste epilogo di un giardino meraviglioso, oggi, solo un ricordo lontano, pertanto nacque il rione Bisignano, del palazzo furono tanti gli utilizzi, ha ospitato la scuola Francesco Solimena, poi la Giulio Rodinó, negli anni ebbe in ulteriore ma non soddisfacente restauro, certamente non del tutto efficace, ed oggi è chiusa, come uno scrigno dal valore inestimabile, ma tenuto li fermo, in attesa che gli venga data la giusta e legittima considerazione, alcuni eventi, sono svolti nel suo cortile, dall’Associazione Cittadinanza Attiva Per La Barra, che tiene vive le speranze e gli dona un po di verde, con molte specie di piante, tenute in vasi, e ben curate.