Il Cimitero dei Colerosi di Barra si trova in Via Carceri Vecchie, conosciuta anche come Cupa Sant’Aniello, ai confini tra Barra (Napoli) e San Giorgio a Cremano, un tempo, Barra, era comune autonomo fino al 1925.
Il campo santo fu costruito nel 1836 per far fronte all’epidemia di colera scoppiata a Napoli nello stesso anno e giunta fino in periferia, dove imperversò tra il 24 ottobre 1836 e il 26 luglio 1837 facendo numerose vittime. L’editto di Saint Cloud (1804), e un successivo provvedimento legislativo del governo del Regno delle Due Sicilie del marzo 1817 statuirono il divieto di seppellire i defunti in chiesa, introducendo l’obbligo di inumarli in luoghi al di fuori della cerchia delle mura urbane o, come spesso si faceva, nelle fosse comuni e nelle aree sottostanti le chiese, soprattutto nel caso in cui le morti sopraggiungevano a causa di malattie, come in questo caso, il colera.
I comuni di Barra, San Giorgio a Cremano, Resina, Portici e San Giovanni a Teduccio si unirono per affrontare insieme la spesa della realizzazione, affidando la gestione al comune di Barra. Dopo la prima epidemia, il cimitero fu utilizzato anche per accogliere le vittime di altri focolai che si ripresentarono in zona nel 1838, 1854, 1865 e 1884.
Dopo queste emergenze, l’area cadde in disuso e fu abbandonata, nonostante l’importanza storica che il luogo ha per la zona, essendo riconosciuto come monumento nazionale. Al suo interno, inoltre, sono custodite le spoglie del fisico Macedonio Melloni, ideatore dell’Osservatorio Vesuviano, il primo osservatorio vulcanologico al mondo, che morì di colera l’11 agosto 1854.