Tutti ufficialmente e definitivamente confermati i risultati di un anno d’oro, il 2021, per la filiera Legno-Arredo, secondo i preconsuntivi che Firstonline aveva già anticipato in occasione della conferenza stampa di presentazione del 60° Salone del Mobile. Con i suoi 49,3 miliardi di euro di fatturato (+25,5 per cento sul 2020 e +14 per cento sul 2019), la filiera vale il 4,7 per cento dell’intero fatturato della manifattura italiana, il 15 per cento del totale delle imprese nazionali e il 7,7 per cento degli addetti.
Legno-Arredo: un 2021 d’oro ma ora arriva la frenata
Bene, anzi, molto bene, è stato il commento di quasi tutti gli operatori anche perché il mercato italiano è stato, sempre nel 2021, ancor più brillante di quello estero (rispettivamente +25,5per cento e +20,6 per cento) e tutto lasciava prevedere che la tendenza all’aumento avrebbe avuto una conferma anche per l’anno in corso o, tuttalpiù, un rallentamento. E invece no. Tutto o quasi bloccato.
Una nota ufficiale, stranamente passata sotto silenzio nonostante che il comparto sia stato decisivo, più degli altri, per la forte ripresa del Paese, elenca i motivi della preoccupante impasse. In sintesi, sta venendo a mancare la materia prima, il legno, senza il quale le industrie della filiera si fermano. Un comparto che, tra l’altro, aveva cominciato a risentire della crescente corsa al rialzo dei costi dei materiali, energetici e logistici.
Legno-Arredo: sempre più difficile l’approvvigionamento
“Ci stiamo impoverendo della materia prima, il legno – afferma Claudio Feltrin, presidente di FederlegneArredo (FLA) – che proviene in gran parte dai territori direttamente o indirettamente interessati dal conflitto, per un valore complessivo di oltre 200 milioni di euro l’anno”.
Un richiamo drammatico proprio nel momento in cui l’export registrava comunque crescite importanti degli ordinativi da ogni parte del mondo. E questo nonostante che la filiera Legno-Arredo avesse già subìto una pesante batosta per le sanzioni alla Russia, uno dei primi dieci compratori di nostri prodotti. “Basti pensare – prosegue Fantin – che con l’ultimo pacchetto di sanzioni europee verso la Russia è vietato acquistare, importare o trasferire nell’Unione, direttamente o indirettamente, se sono originari della Russia o sono esportati dalla Russia, legno, carbone di legna e lavori di legno di qualsiasi specie legnosa, sia essa di latifoglie che di conifere (quindi non solo betulla). In altre parole tutto”.
Grazie alle pressioni della Associazione, nel Dl Ucraina bis le aziende del legno risultano fra quelle che, ricorrendo agli ammortizzatori sociali, sono esonerate dal pagamento del contributo addizionale. E la mancanza di materie prime è stata riconosciuta come requisito per accedere alla cassa integrazione ordinaria. Che cosa chiede la FLA? Che non sia più rimandabile diventare meno dipendenti dall’estero anche per quanto riguarda il legno, raggiungendo gli obiettivi previsti dalla Strategia forestale nazionale basata su una gestione rispettosa dell’ambiente, sullo sviluppo della filiera italiana del bosco e delle nostre segherie. Ma poiché, come accade e accadrà per gas e petrolio, si tratta di obiettivi di lunga data, a correre rischi immediati sono i fatturati, le esportazioni e gli ordinativi del 2022 e del 2023.
E per il 2022 previsioni fosche anche per l’edilizia
La perdita di competitività delle nostre aziende per i costi energetici italiani sempre più alti e soprattutto per la mancanza della materia prima, favorisce già da qualche tempo i nostri competitor come la Turchia e soprattutto la Cina che riesce ad acquistare materia prima a prezzi improponibili per le aziende italiane. Da ricordare che non si tratta solo di mobili ma di gran parte dei prodotti che coinvolgono tutta l’edilizia: i pannelli, gli imballaggi, i tetti, le porte, le finestre, i parquet e qualsiasi oggetto di legno che serve all’industria delle costruzioni. Che senza questi essenziali componenti, a sua volta è destinata a bloccarsi.
“È ovvio che stante la situazione attuale diventa difficile – conclude Fantin – per non dire impossibile, azzardare previsioni per l’anno in corso e il rischio concreto è che una brusca frenata nei consumi e il clima di incertezza e preoccupazione dovuto alla guerra in Ucraina, vanifichi il recupero del 2021”.