«Il leader più importante del mondo è in ostaggio nel luogo più pericoloso della Terra. Ora l’unico a poterlo salvare è l’uomo più letale al mondo», diceva una delle frasi promozionali di 1997: Fuga da New York, il film di azione e di fantascienza diretto da John Carpenter che uscì negli Stati Uniti il 10 luglio 1981, quarant’anni fa oggi.
Era ambientato in un (ormai passato) futuro distopico in cui, in conseguenza di un grandissimo aumento del crimine da quelle parti, il governo degli Stati Uniti aveva deciso di trasformare l’isola di Manhattan in una gigantesca prigione di massima sicurezza, i cui prigionieri ergastolani erano condannati a cavarsela da soli. E in cui all’uomo «più letale al mondo» (un poco di buono interpretato da Kurt Russell) era affidato l’arduo compito di salvare il presidente degli Stati Uniti, il cui aereo era stato fatto precipitare proprio a Manhattan da un gruppo terrorista.
Il personaggio di Russel –un ex soldato con una benda sull’occhio, chiamato Jena nella versione italiana e Snake in quella originale – doveva quindi entrare nell’isola-prigione e salvare il presidente, che aveva da gestire una gravissima crisi con la Cina e l’Unione Sovietica. Tra l’altro, per incentivare Jena a completare la missione, chi lo mandava a Manhattan gli aveva messo sottopelle delle microcapsule esplosive, che si sarebbero attivate nel caso in cui avesse fallito. Se al contrario fosse riuscito, il governo gli avrebbe evitato l’ergastolo a cui era stato condannato per rapina a mano armata.
Costato circa cinque milioni di dollari, 1997: Fuga da New York piacque a buona parte della critica, e forse ancora di più al pubblico, visto che solo negli Stati Uniti incassò 25 milioni di dollari. E piacque perché, come era nello stile di Carpenter, raccontava quella che sul New York Times Vincent Canby definì «una storia esagerata, presentata con durezza», e lo faceva rendendo memorabile la sua rappresentazione di New York, riprendendo certi elementi del cinema americano degli anni Settanta, e anticipandone altri di quello che sarebbe stato il cinema degli anni Ottanta.
1997: Fuga da New York si può definire un film degli anni Settanta perché quello è il decennio che lo ispirò. Carpenter raccontò infatti di aver avuto l’idea per la sceneggiatura – in cui il presidente degli Stati Uniti non fa per niente una bella figura – nel periodo successivo allo scandalo Watergate e in parte ispirato dal film del 1974 Il giustiziere della notte. Da certo cinema degli anni Settanta il film riprendeva anche il fatto di avere un protagonista problematico, decisamente un antieroe, immerso in un contesto estremo e violento. Forse anche troppo, perché Carpenter raccontò che – nonostante il successo di Halloween, uscito nel 1978 – fece fatica a trovare qualcuno che volesse produrlo. Quasi tutti lo ritenevano «troppo violento, troppo pauroso e troppo strano».
Evidentemente, però, i soldi arrivarono, e dopo aver preso in considerazione Tommy Lee Jones e Charles Bronson per il ruolo di Jena, Carpenter optò per l’allora non ancora trentenne Kurt Russell, che arrivava da film più allegri, solari e per famiglie (compreso il film tv Elvis, il re del rock, diretto proprio da Carpenter) e che cercava un ruolo diverso per togliersi un’immagine che pare cominciasse a stargli stretta. E che, a suo dire, interpretò Jena come «un mercenario, il cui stile di combattimento è una combinazione di quelli di Bruce Lee, di Darth Vader e di The Exterminator [il protagonista di un omonimo film del 1980], con in più la vocalità di Clint Eastwood».
Trovati i soldi (seppur non tantissimi) e trovato il protagonista, Carpenter e i produttori si misero quindi a pensare a dove girare il loro film ambientato in una New York notturna, decadente e pericolosa, abitata tra gli altri da una gang di pazzi cannibali. Ci misero poco a capire che girare a New York la maggior parte delle scene sarebbe stato troppo costoso e complicato. Un paio di membri della troupe furono quindi mandati in quello che, a detta della produttrice Debra Hill, fu di fatto un «viaggio di lavoro attraverso gli Stati Uniti, alla ricerca della peggior città possibile».
Fu scelta St. Louis, nel Missouri. Perché per certi versi poteva ricordare una versione meno bella e meno “nuova” di New York, e poi perché girarci costava meno. Per di più, nel 1976 un intero isolato della città era stato in parte distrutto da un incendio e non ancora ricostruito, la qual cosa offriva a Carpenter la possibilità di trovare un set già piuttosto vicino a quello che cercava.
Alle tante scene girate a St. Louis se ne aggiunsero alcune altre girate a Los Angeles e, in misura minore, Atlanta e (quando proprio indispensabile) New York. Il film fu girato tra l’agosto e il novembre 1980, quasi sempre di notte – «finivamo di girare alle 6 del mattino e andavo a dormire all’alba» ha ricordato Carpenter – e spesso con creatività: alcune delle scene in cui si vede Manhattan dall’alto, per esempio, furono realizzate usando un plastico di New York i cui edifici erano stati colorati con vernice fosforescente. Secondo IMDb, tra l’altro, quello stesso plastico fu poi usato – in una sua versione modificata – anche per Blade Runner, uscito nel 1982.
Una volta finito, 1997: Fuga da New York si rivelò – nelle sue esagerazioni, nella sua trama non sempre coerente, nella sua fantasia distopica, nel suo sapersi pure prendere un po’ in giro – anche un precursore di certi film del degli anni Ottanta: il decennio cinematografico, tra gli altri, di Terminator, di Robocop, di Rambo e di Trappola di cristallo.
Sempre negli anni Ottanta, 1997: Fuga da New York fu anche seguito da una serie di emuli, tra gli altri il film 2019 – Dopo la caduta di New York.
Nel 1996 uscì invece il sequel Fuga da Los Angeles, ambientato nel 2013 e ancora diretto da Carpenter: ma in genere molto meno apprezzato del primo, e da alcuni ritenuto quasi una parodia.