Con lo slogan «Brodcast yourself», “trasmetti te stesso”, fa il suo esordio sul web YouTube, uno dei primi siti di video sharing che in pochi anni arriva a meritarsi la fama di TV del terzo millennio.
Come per altre imprese legate al web, tutto ha inizio in un garage di San Francisco. È qui il quartier generale di tre dipendenti di PayPal, impegnati nella messa a punto di un nuovo sito che consenta di caricare velocemente un video, prodotto con la propria videocamera digitale, e condividerlo con tutto il mondo. La tecnologia Adobe Flash viene incontro alle attese di Chad Hurley, Jawed Karim e Steve Chen che acquistano il dominio www.youtube.com e martedì, 15 febbraio del 2005, lo mettono online.
Due mesi più tardi appare il primo video. A rompere il ghiaccio è lo stesso Karim con un clip caricato il 23 aprile, dal titolo “Me at the zoo”, che lo ritrae davanti a una gabbia di elefanti al giardino zoologico di San Diego. Così prende il via quella “rivoluzione digitale” che in poco tempo, grazie al passaparola sul web, vede il traffico del portale aumentare in maniera esponenziale.
Nella mente di milioni di persone scatta un meccanismo destinato a fare la fortuna del sito: si fa un video e la prima cosa che si pensa è di pubblicarlo al più presto su YouTube. Dalle scene di vita quotidiana si passa alle riprese di fatti di cronaca, eventi, concerti di musica, etc. che fanno di normali utenti dei videoreporter in erba, in grado di arrivare sulla notizia prima di giornali e TV.
Per questi ultimi YouTube appare nell’immediato un concorrente scomodo, passando poi col diventare un serbatoio inesauribile di testimonianze e curiosità. Ciò avviene ad esempio nell’occasione di terremoti e cataclismi o di fenomeni che si verificano in aree complesse, dov’è più forte la censura dell’informazione; memorabili in tal senso restano le immagini delle proteste in Birmania, in Tibet e in Iran, che i TG internazionali ritrasmettono prendendole dal web.
Un altro aspetto che concorre alla sua popolarità è che personaggi noti e artisti decidono di crearsi un canale YouTube personale, comunicando da qui con il proprio pubblico. Il primo a comprenderne le potenzialità è Barack Obama che il 24 gennaio 2009 pubblica sul suo canale personale il primo messaggio da Presidente degli Stati Uniti d’America.
In altri casi, sconosciuti artisti, come Susan Boyle, si ritrovano famosi grazie al passaparola su YouTube. Un sistema che non viene snobbato nemmeno dagli artisti già affermati che scelgono di presentare qui, in anteprima, i videoclip dei loro ultimi singoli.
Il salto di qualità sul piano economico avviene con l’acquisizione da parte di Google nel 2006, all’esorbitante cifra di 1,65 miliardi di dollari. Nello stesso anno YouTube comincia ad affrontare in maniera più incisiva quello che costituirà il suo perenne cruccio: la violazione di copyright. A dispetto dello slogan del portale, che invita a postare video realizzati in prima persona, in molti caricano spezzoni o intere parti di programmi, film e cartoni animati, violando la normativa sul diritto d’autore.
Il 2007 segna l’attivazione delle versioni in altre lingue, tra cui l’italiano. Secondo le stime più recenti, YouTube supera i tre miliardi di visualizzazioni al giorno, il che lo rende il secondo sito più visitato al mondo dopo Google e prima di Facebook. Il primo video a superare il miliardo di visualizzazioni è Gangam Style del rapper coreano PSY (dicembre 2012). Attualmente il più visto in assoluto è Baby Shark con oltre 7 miliardi e 900mila visualizzazioni, in meno di cinque anni, superando nettamente Despacito di Luis Fonsi fermo a 7 miliardi e 203mila (aggiornato al 12 febbraio 2021).