Luci discrete nella città, la pacatezza di una comune passeggiata domenicale, sguardi straniti e circospetti dietro le mascherine che si alternano ai sorrisi spensierati dei più giovani: ecco come il Coronavirus ha cambiato non solo il presente ma anche le tradizioni del passato, il modo di commemorare la nostra storia e di sentirci parte di una comunità.
Non era mai successo prima. Quest’anno Corato celebra il proprio patrono senza vestirsi a festa, riempirsi di luminarie, bancarelle, senza la frenesia e le risa dei ragazzi al luna park e senza scoprire in quanti andranno a vedere i fuochi a mezzanotte.
Un culto vivo e sentito quello di San Cataldo, penalizzato molto anche dall’assenza delle processioni, un particolare momento attorno alle quali buona parte della popolazione si riversa, per affidare le proprie preghiere e suppliche al Santo patrono nelle sembianze del busto argenteo e della statua lignea.
Il corso, di solito gremito di gente, suoni e colori si è spogliato di ogni orpello ludico e goliardico. Nel piazzale di via Sant’Elia le giostre e le danze tipiche della festa patronale hanno lasciato spazio ad una desolante distesa di ghiaia, vuota e silenziosa. Le luminarie disposte lungo Via Duomo sono l’unico segno visivo di questa festa sotto tono.
Ma la tradizione è andata oltre e i cittadini hanno reso omaggio al Santo, che più di 500 anni fa salvò Corato dalla peste, in modo diverso, distanti fisicamente ma uniti nella voglia di celebrare. Si è dato spazio infatti, come preannunciato, solo alle celebrazioni eucaristiche, in presenza di pubblico ma nel rispetto delle norme di sicurezza anti contagio.
I festeggiamenti sono iniziati con la messa di sabato in Chiesa Matrice dove i fedeli hanno potuto rendere omaggio al Santo Patrono rivolgendo preghiere discrete e individuali alla statua lignea custodita nella cappella della navata destra.
Mentre ieri in Piazza Cesare Battisti, il momento di spettacolo che di consueto raccoglieva il paese intorno all’esibizione della Grande Orchestra di fiati lirico sinfonica, è stato sostituito da un evento unico nella storia delle nostre feste patronali e dei riti religiosi ad essa dedicati, la messa all’aperto in piazza Cesare Battisti presieduta dall’arcivescovo Leonardo D’Ascenzo.
Una celebrazione organizzata seguendo le linee guida anti-covid. Sedie a distanza di sicurezza, numero “chiuso” di fedeli all’interno dell’area transennata, rilevazione della temperatura all’ingresso con igienizzazione delle mani e mascherine gratuite per chi non l’aveva con sé. Meno facile gestire chi, al di fuori dell’area, ha assistito alla messa.
Poderoso il messaggio dell’arcivescovo: «In questo tempo siamo segnati oltre che dalla pandemia, anche da una crisi sociale, crisi di relazioni, di rapporti tra di noi oltre che crisi economica. C’ è bisogno di accoglienza, di prenderci cura l’uno dell’altro. Abbiamo bisogno di condivisione. Che San Cataldo ci liberi dal morbo della non condivisione».
In un tempo in cui la tutela della salute ci impone la distanza sociale e la condivisone virtuale imperversa occupando tempo e risorse, l’arcivescovo invita all’apertura verso l’altro e alla condivisione nella sua accezione più concreta e reale, con l’intercessione del Santo Patrono.
Presenti, sotto il palco allestito per la funzione, le figure più importanti dell’amministrazione comunale a cominciare dal commissario prefettizio Paola Bianca Maria Schettini. Dietro di loro tre candidati sindaco su quattro: Bovino, De Benedittis e Perrone. A loro sembrava rivolgersi il vicario zonale, don Peppino Lobascio, nell’accorato appello in apertura affinché la città si rialzi e torni ad essere guidata con continuità da un sindaco dopo due anni di vuoto amministrativo.
Sebbene in qualche modo sia mancata l’energia che i riti civili infondono, accompagnando i riti religiosi, la preghiera è stata la forza e la vera protagonista di questa festa: è nella semplicità della celebrazione e nell’autenticità del messaggio di fede che porta con sé la memoria di San Cataldo che la comunità ha cercato il conforto per la quotidianità strappata via e la speranza per una vita dove la salute, l’umanità e l’armonia nelle famiglie e tra gli individui siano il vero senso di questa ricorrenza ed il motore della tanto faticata ripresa.