Il Cremor Tartaro è un agente lievitante naturale, usato in pasticceria dalle nostre nonne che, molto in voga fino agli anni 50 del ‘900, cadde in disuso a seguito dell’invenzione del lievito chimico (tipo PaneAngeli).
Il Cremor Tartaro oggi è stato riscoperto grazie alla diffusione della cucina green e vegana.
L’industria più fiorente per la produzione del Cremore di Tartaro si trovava a Sant’Antimo, un piccolo paesino in provincia di Napoli e la storia di questo derivato dalla fermentazione del vino è strettamente legata alla a quella della dinastia dei Borbone. Nel 1781, Ferdinando IV concesse una “privativa” per la creazione della prima fabbrica di Cremore di Tartaro nel Regno di Napoli.
Nel 1850 l’esportazione di tale prodotto rappresentava una voce importante nell’economia del Regno delle Due Sicilie. Secondo alcune testimonianze storiche, a Sant’Antimo, il commercio del Cremor Tartaro esisteva già nel 1615. Dalla lettura dei documenti contenuti nel Catasto Onciario del Regno che riportava tutte le attività commerciali, apprendiamo che la produzione del Cremor Tartaro rappresentava un’attività moto diffusa fra la popolazione di Sant’Antimo già dalla metà del ‘700 e che era rivolta sia verso il mercato interno che verso quello estero.
Ben presto, Sant’Antimo divenne un polo chimico di prima importanza e non c’era famiglia che non fosse coinvolta nella produzione del lievito, al punto che il Cremor Tartaro, in quegli anni, era anche chiamato “Cristallo di Sant’Antimo”.
Dopo l’unità d’Italia che danneggiò tutte le nostre attività imprenditoriali, a seguito della concorrenza della grande industria americana che introdusse nella produzione i metodi industriali a ciclo continuo e infine con la diffusione del lievito chimico, l’industria del Cremor Tartaro entrò in crisi, fino a scomparire quasi del tutto.
Oggi, tuttavia, il cremor tartaro è tornato di moda perché è del tutto naturale, non contiene additivi e conservanti e non è prodotto nei laboratori della grande industria. E’ facile trovarlo anche nei supermercati e viene ancora prodotto a Napoli. Addizionato a un cucchiaino di bicarbonato, reagisce con l’impasto e produce CO2 che, in cottura dona al dolce struttura e sofficità, oltre che grande digeribilità.
Dati storici tratti dal sito della proloco di Sant’Antimo