Diritto di voto alle donne in Italia: Con la guerra di liberazione ancora in corso, l’Italia gettò le basi della sua futura vita democratica, allargando a tutti i cittadini il diritto a scegliersi i propri rappresentanti in Parlamento e instaurando di fatto il suffragio universale, già adottato negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in diversi paesi del Nord Europa e dell’America Latina.
Il Governo Bonomi III, formato da Democrazia Cristiana, Partito Comunista, Partito Liberale e Partito Democratico del Lavoro, varò il Decreto legislativo luogotenenziale n° 23/1945 che estendeva alle donne il diritto di voto. Varato dal Consiglio dei Ministri il 1° febbraio 1945 e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il giorno seguente, il provvedimento nasceva su proposta dei leader dei due maggiori partiti: il comunista Palmiro Togliatti, allora vicepresidente del Consiglio dei Ministri, e il democristiano Alcide De Gasperi, ministro degli esteri.
La prima volta delle donne alle urne ebbe luogo con le elezioni amministrative tra marzo e aprile del 1946. Il 2 giugno dello stesso anno, tuttavia, parteciparono a un voto di ben altra portata storica: quello per il Referendum istituzionale (tra monarchia e repubblica) e per eleggere l’Assemblea costituente.
Un ulteriore passo verso la piena uguaglianza tra uomini e donne si ebbe con la Costituzione del 1947, in particolare con gli articoli 3 (“‘Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge…”) e 51 (“Tutti i cittadini dell’uno o dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza…”).